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Aggiornamento tecnico/ didattico per insegnanti.

Si e’ svolto a Rieti nei giorni 23-24 ottobre il 1°aggiornamento tecnico per insegnanti Ju Jitsu Italia ASI settore Nazionale.
10 ore di lezione che hanno visto in cattedra il Presidente Nazionale e responsabile del Settore Ju Jitsu Asi Kancho Antonio la Salandra, Soke Pietro Spadaro, Hanshi Guido Nicoli e Shihan Roberto Flammini.
Un ringraziamento a tutti i partecipanti che si sono avvicendati nei 2 giorni nonostante il periodo particolare.
Chi c’e’ ha sempre ragione!

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Conferimento Incarico CONI

A Partire dal 21 Settembre 2021 L’ASI (Associazioni Sportive Sociali Italiane) Ente di Promozione Sportiva riconosciuto dal CONI, ha conferito al Dott. Antonio Maria la Salandra, già Presidente Ju JItsu Italia, l’Incarico Ufficiale come Coordinatore Nazionale del Settore Ju Jitsu ASI.

Intendo ringraziare sentitamente Tutta la Dirigenza Asi Nazionale per la promozione che mi ha accordato ed allo stesso tempo sorpreso, la dedizione ai compiti a me affidati è totale, pertanto, sono lieto abbiate apprezzato il mio impegno e la mia disponibilità.

Il progetto “Ju JItsu Italia” assume una posizione diversa e va avanti con gli stessi obiettivi.

Ringrazio altresì chi ha condiviso con me ore ed ore di lavoro, progetti, programmi e discussioni.

Ringrazio il mio staff operativo che in maniera instancabile già è al lavoro per il presente ed il futuro e tutti i tecnici che hanno fiducia in me, in noi e nell’ASI.

Cito testualmente l’Imperatore Filosofo Marco Aurelio:

“L’universo è cambiamento; la nostra vita è il risultato dei nostri pensieri”.

A presto!

Dott. Antonio Maria la Salandra
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Gare ed Eventi News

Il Ju Jitsu Asi torna a far parlare di se

Domenica 6 giugno 2021 si è svolto il primo Trofeo Nazionale di JuJitsuAll Style online, specialità Kata.
La competizione organizzata dal Dipartimento Ju Jitsu Italia Asi
ha riscontrato un successo inaspettato viste anche le difficoltà del momento e dell’inconsueta formula online. Molte le società che hanno aderito alla gara collegatesi dal nord Italia, dal centro e dalla lontana Sicilia presentando per la gara di kata individuale e a squadre un numero importante di atleti, dai ragazzi agli adulti, dalle cinture più basse alle cinture nere, dimostrando che i mesi persi non hanno intaccato minimamente la voglia di confrontarsi tra loro.
Una gara vera a tutti gli effetti con tanto di Presidente di giuria e un corpo giudicante al completo come nelle competizioni in presenza.
Molto interesse da parte di ospiti e tecnici collegati per l’evento,
svolto tutto nel massimo rispetto delle norme anti-COVID.
Un successo di buon auspicio di una ripresa totale per il jujitsu e le arti marziali tutte.

Si Ringrazia

Si Ringrazia il Presidente Dr. Antonio Maria la Salandra per questa possibilità, Il M° Flammini Roberto di Rieti per il supporto alla Presidenza Nazionale, Il M° Giuseppe Caragnano (Responsabile agonistico tradizionale) per l’organizzazione e il M° Pietro Spadaro ed il suo staff per la presidenza di giuria e gli arbitri.

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News Psicologia

Cosa nasconde il bisogno di approvazione e riconoscimento?

Le Origini dell’insicurezza

Molto spesso dietro il bisogno di approvazione e riconoscimento vi è una mancanza di validazione psicologica ed emotiva che deriva dall’infanzia e dai genitori.

Da dove viene questa mancanza di riconoscimento? E perché è così importante per la crescita individuale? E cosa può fare un adulto che soffre di questa mancanza?

Mancanza di riconoscimento da parte dei genitori e conseguenze da adulti

Possiamo definire il riconoscimento emotivo come l’apprezzamento e la validazione da parte dei genitori di alcuni risultati personali ottenuti dal bambino. Questi risultati includono abilità, capacità, risultati materiali, caratteristiche personali e fisiche, emozioni, sentimenti, sicurezze, etc

Questa mancanza di riconoscimento normalmente è dovuta a una trascuratezza o distanza affettiva e/o emotiva da parte dei genitori, a una presenza instabile, ambivalente o insicura del genitore a livello affettivo o fisico o a un’incapacità di ascolto e di attenzione nei riguardi delle esigenze del bambino.

A livello di tipologie familiare, molto spesso la mancanza di riconoscimento dei risultati di un figlio o di una figlia può derivare da famiglie che sono autoritarie, esigenti, difficili da accontentare e imprevedibili nelle loro reazioni.

In queste famiglie spesso l’amore non è incondizionato, ma è viene usato spesso come merce di scambio: “Ti voglio bene solo se fai questa cosa come dico io” o “o se ti comporti bene, ti faccio un regalo sennò niente”. Questo amore associato a una ricompensa può portare il bambino verso un indole perfezionista, ma allo stesso tempo ansiosa e insicura, perché sempre alla ricerca di conferme per affermare sé stesso o ricevere amore.

Il riconoscimento emotivo richiede infatti che il genitori validi i risultati del figlio a prescindere dalla ricompensa, ovvero che gli mostri un amore incondizionato, che sia pronto a soddisfare i suoi bisogni, che sia disponibile e che gli fornisca quella base sicura che permette al bambino di esplorare il mondo in serenità.

Invece le famiglie di cui abbiamo parlato previamente non sono in grado di validare le emozioni e la psicologia dei propri figli e di approvare il comportamento di realizzazione. In questi casi, per esempio quando un figlio o una figlia commette un errore, invece di vederlo come una tappa fondamentale nello sviluppo personale, rimuginano continuamente sull’errore, vedendolo come un fallimento, non accettando i cambiamenti e perdendo di vista le nuove opportunità che questo errore può apportare.

Frasi come: “Perché ti sei comportato in questo modo?”, “Non avresti dovuto farlo”,” Non otterrai mai nulla, sei un disastro“, “Non avresti dovuto dirlo” ecc. risuonano solo come voci negative che abortiscono il riconoscimento nei bambini per i loro risultati. Tutto questo fa sì che il bambino cresca su un terreno insicuro nel quale non si sente protetto e dove non vi è spazio per la soddisfazione dei suoi bisogni: questo potrebbe portarlo a un vuoto profondo, alla paura di esporsi e alla consapevolezza di essere meritevole di affetto solo quando compiace gli altri e non per quello che è.

Costruire l’identità attraverso il riconoscimento emotivo

Il riconoscimento è una fase fondamentale per la costruzione della nostra identità, proprio perché tocca corde profonde che ci definiscono. Imparare a gestire le nostre emozioni, accettarle ed elaborarle, è una parte fondamentale della nostra crescita e dell’educazione.

Questo perché nonostante le emozioni che proviamo siano di nostra responsabilità molto spesso sono collegate a eventi esterni e, senza un’apposita educazione e sicurezza relazionale, tendiamo a incolpare questi fatti esterni di quello che proviamo, trovandoci completamente in balia delle nostre emozioni.

Quindi la validazione emotiva è un passo che ci deve essere mostrato dai nostri genitori in primis e che in seguito dobbiamo imparare a sviluppare da soli. Se questa validazione emotiva e psicologica viene a mancare nell’infanzia, può creare adulti insicuri e dipendenti dall’approvazione altrui, proprio perché se il peso delle nostre emozioni non viene riconosciuto, può farci sentire inadeguati e fuori posto.

Inoltre il riconoscimento è un pilastro dell’autostima, è una chiave per lo sviluppo della sicurezza personale. Quando le virtù e le capacità della persona sono riconosciute (senza raggiungere poi l’idealizzazione o estremi opposti), l’autostima emotiva, le prestazioni, le relazioni sociali, familiari, scolastiche, lavorative, ecc., vengono rafforzate in modo sano. E i primi responsabili di questo riconoscimento, sono i genitori e la famiglia. Tutti abbiamo bisogno che le nostre emozioni e il nostro essere vengano riconosciuti durante l’infanzia (e anche dopo, anche se da adulti si possono imparare a validare le proprie emozioni e i propri valori attraverso l’auto-riconoscimento), proprio perché tale azione  rivela in qualche modo il nostro valore come essere umano e il nostro diritto ad essere amati e a vivere con felicità e sicurezza!

Se questo viene a mancare è come se si sgretolasse questo diritto di essere amati, facendo sí che la persona in questione non si senta degna d’amore e passi la sua vita a ricercarlo.

Il bisogno di approvazione continuo.

Un’altra conseguenza della mancanza di validazione e di riconoscimento emotivo e psicologico è il bisogno di approvazione continuo. Tutti quanti abbiamo sperimentato la necessità dell’approvazione altrui e del compiacimento. E fino a qui non c’è niente di male.

Il problema nasce quando non riusciamo ad affermare noi stessi perché cerchiamo sempre di compiacere gli altri ricercando un’approvazione. Questo tipo di comportamento nasce dall’insicurezza e da una bassa autostima, che possono avere origine di diversa natura (esperenziale, educativa, affettiva, etc) ma una delle cause può anche essere la mancanza di riconoscimento emotivo da parte dei genitori.

Per riprendere in mano la propria vita e decidere quello che davvero vogliamo fare e chi vogliamo essere, senza preoccuparci del giudizio degli altri, è importante intraprendere un percorso di crescita personale per dar forma nuova alla nostra identità. Anche in questo caso, si passerà da una fonte di approvazione esterna a un’auto-approvazione.

È comunque importante sottolineare, che gli esseri umani in generale hanno bisogno dell’approvazione degli altri per sentirsi di formare parte di un gruppo e fomentar la coesione sociale. Il problema si verifica quando tale bisogno diventa una dipendenza a discapito dell’affermazione della propria identità.

La dipendenza dal giudizio altrui

Il bisogno di approvazione diventa un atteggiamento disfunzionale quando si presenta in maniera ricorrente e diventa il solo scopo (e la unica motivazione) per la quale agiamo.

Alcuni comportamenti che nascondono tale dipendenza sono:

  1. perfezionismo. La ricerca dell’essere perfetti o di compiere azioni perfette in qualsiasi circostanza può essere un segnale di ricerca dell’approvazione altrui. Ovviamente in questo caso parliamo di quel perfezionismo che ha come base solo la motivazione di apparire perfetti agli occhi degli altri, non la ricerca di un miglioramento.
  2. Essere compiacenti e accondiscendenti con gli altri e fare fatica ad esprimere le proprie emozioni o i propri sentimenti. Non esprimendo mai la propria opinione si accettano passivamente tutte le idee degli altri, anche se molto distanti dalle nostre.
  3. Sentirsi male se gli altri non condividono le nostre idee, facendo fatica ad accettarlo e reagendo in maniera esagerata.
  4. Difficoltà nel vivere e gestire novità o nuove realtà, per paura di non essere accettati o per paura di commettere errori che possano compromettere la propria accettazione.
  5. Sentire la necessità di un parere altrui prima di realizzare qualche scelta e scegliere in base a quello che dicono gli altri (senza ascoltarsi)!
  6. Assumere sempre un atteggiamento controllato e sulla difensiva in pubblico, non lasciando mai trasparire chi si è in realtà.

Questi sono alcuni dei campanelli d’allarme che ci possono indicare un problema molto radicato di bisogno di approvazione. Ma com’è possibile superarlo?

Com’è possibile superare il bisogno di approvazione?

Per superare il bisogno di approvazione, il primo consiglio rimane sempre lo stesso: se questo problema ci crea malessere o uno stato d’animo che non riusciamo a gestire è sempre meglio chiedere aiuto a uno specialista che ci possa guidare in un processo di crescita personale. Contemporaneamente, possiamo pensare di lavorare su alcuni punti che possono aiutare a focalizzare l’attenzione su noi stessi e non sul giudizio degli altri.

1. La motivazione

Analizzare quanto è importante per voi compiacere gli altri, o per meglio dire, quanto questo atteggiamento ha un valore motivazionale nei confronti delle vostre scelte. Per capire questo punto, e quanto la ricerca di approvazione influenzi le vostre vite, potreste rivolgervi alcune domande di autoanalisi:

  • Se tutte le persone a cui volete bene e che vi vogliono bene, inclusi i vostri genitori, vi dicessero di comportarvi come vi pare, che tanto vi vorrebbero bene comunque, che aspetti del vostro carattere o che scelte di vita cambiereste?
  • E se vi dicessero che nessuno vi giudicherebbe per le vostre scelte, cosa cambiereste?
  • Se non viveste in una società, ma foste l’ultima persona rimasta sulla terra, come vi comportereste?

Queste semplici domande vi porteranno a riflettere su cosa volete davvero e su cosa invece state mettendo in atto solo per il bisogno di approvazione.

2. Migliorare l’autostima

Come abbiamo visto anche nei paragrafi precedenti, la mancanza di riconoscimento e approvazione da parte dei genitori può portare a dei problemi di autostima. Proprio questo problemi molto spesso sono alla base di una continua ricerca di approvazione, perché abbiamo una scarsa considerazione di noi stessi. Pertanto ricercheremo negli altri conferme, approvazione e amore mettendo in atto atteggiamenti e scelte che ricercano compiacimento, ma che in realtà non ci appartengono e magari non ci piacciono neanche. Imparare a volersi bene e lavorare sulla propria sicurezza, può aiutare a essere più decisi e capaci di affrontare gli altri e decidere di ciò che vogliamo fare della nostra vita. Per misurar e migliorare la vostra autostima su voi stessi con alcuni esercizi volti a far prendere consapevolezza di sé (come osservare le proprie qualità e farne una lista, scoprire nuove abitudini e allo stesso tempo continuare a realizzare attività che ci piacciono e ci fanno sentire bene, etc…) o pensare, anche in questo caso, di seguire un percorso di crescita personale.

Self-Serving Bias e Locus of control

Il self- serving Bias e il Locus of control sono dei concetti di psicologia sociale che fanno riferimento all’atteggiamento delle persone di prendersi la responsabilità degli eventi o meno. In particolare:

  • Il self- serving Bias fa riferimento al fatto che la persona si prenda il merito di un evento/fatto/atteggiametno quando è positivo, mentre in presenza di qualcosa di negativo si lamenta del fatto che è dovuto a fattori esterni.
  • Il Locus of control riguarda in maniera simile il fatto di attribuire le causa di un evento, positivo o negativo, a variabili interne o esterne. Per esempio una persona con un focus of control interno tenderà ad attribuire a sé stesso e al suo duro lavoro i risultati di un buon esame, mentre una persona con un focus of control esterno probabilmente lo attribuirebbe a una buona dose di fortuna. Allo stesso modo una persona con un Locus of control interno ma vittima di self- serving bias, attribuirebbe a sé stessa il merito di un buon voto a un esame, ma nel caso di un voto negativo, ne darebbe la responsabilità all’insegnante o a qualche contrattempo, proiettando al di fuori di sé le responsabilità del suo agire negativo.

Questi concetti ci servono per cercare di approfondire il concetto di responsabilizzazione e controllo, che ci può portare a fare a meno del bisogno di approvazione. Riportando la responsabilità delle nostre azioni, dei comportamenti e delle relazioni verso un’ottica interna potremmo riprendere il controllo della nostra vita e capire che in realtà le nostre scelte derivano da noi stessi. Ovvero non sono gli altri che decidono della nostra vita, o ci fanno superare gli esami, ma siamo noi!

Ovviamente ci sono cose che non possiamo controllare e situazioni che non dipendono da noi, ma smettere di ricercare l’approvazione degli altri, concentrandosi sulle nostre capacità, potenzialità e desideri interni, ci permetterà di valutare meglio chi siamo e prendere consapevolezza di noi stessi. (Allo stesso modo è importante non finire all’estremo opposto prendendosi le responsabilità di qualsiasi cosa e autocriticandosi continuamente.)

L’autoriconoscimento emotivo

Abbiamo visto che la mancanza di riconoscimento può portar a diverse conseguenze, tra cui una bassa autostima e la ricerca di approvazione continua negli altri. Come fare pertanto, per colmare la mancanza di riconoscimento da parte dei genitori durante l’infanzia? Per non continuare a navigare in pattern comportamentali che ci possono portare verso relazioni tossiche o malessere, è importante imparare a gestire le proprie emozioni attraverso un auto-riconoscimento che permetta di validare le proprie emozioni, idee, sentimenti. Questo significa essere in grado di darsi fiducia, forza e stabilità in modo da migliorare la propria autostima e creare una visione migliore del mondo. Questo processo come sempre può essere realizzato individualmente, attraverso la presa di coscienza di sé e di quello che proviamo, ma anche attraverso un percorso di crescita personale che guidi verso la validazione emotiva e psicologica. 

Il Presidente Nazionale Ju JItsu Italia

Dott. Antonio Maria la Salandra

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Conseguenze psicologiche del Coronavirus

Le organizzazioni governative e della salute, ormai da mesi, ci informano costantemente sulle misure preventive da attuare contro l’avanzamento del COVID-19. Anche adesso che fortunatamente i contagi si mantengono in calo e la nostra vita pare essere ritornata ad una pseudo normalità.

CONSEGUENZE PSICOLOGICHE

Ciò su cui non ci si è forse soffermati abbastanza sono probabilmente le conseguenze psicologiche che questo periodo di pandemia e successivo isolamento sociale può avere avuto o avere attualmente sulle persone. Infatti, fattori come l’isolamento sociale, la reclusione in casa e il peso dell’incertezza generale, possono adesso colpire duramente il nostro equilibrio mentale.

Esiste anche un’altra variabile a cui forse non è stata prestata sufficiente attenzione. Nel nostro paese, sono migliaia le persone affette da depressione o disturbi d’ansia che si trovano adesso in una situazione di potenziale peggioramento del proprio stato.

È quindi fondamentale offrire loro aiuto e strategie di sostegno, per farli sentire accompagnati anche adesso che, per tutti, il pericolo è scampato. Questo anche nell’ottica di non farli sentire soli o “sbagliati” rispetto alle preoccupazioni che presentano.

Gli studi scientifici

La rivista scientifica The Lancet, non molto tempo fa, ha pubblicato uno studio sull’impatto psicologico del Coronavirus. Lo ha messo in relazione ad altre situazioni simili del passato (seppur non con lo stesso impatto). Una fra tutte è stata la quarantena messa in atto in varie zone della Cina a seguito dell’epidemia da SARS del 2003.

In quella situazione, la popolazione fu costretta a rimanere in quarantena per dieci giorni, periodo che è servito agli psicologi locali per analizzare l’effetto di questo genere di emergenza.

Grazie ai dati raccolti, all’osservazione e al confronto di quanto si è verificato durante l’isolamento e di ciò che stiamo vivendo adesso, è stato possibile riconoscere le conseguenze psicologiche principali del Coronavirus e analizzarle nelle persone.

Gli effetti della quarantena

Per cominciare, sappiamo bene come una delle misure che i governi hanno attuato per prevenire la diffusione del Coronavirus e per superare la malattia (quando i sintomi sono lievi), è quella della quarantena. Questa implica il totale isolamento per una durata di almeno 15 giorni.

Le ricercatrici che hanno portato a termine lo studio sono giunte alla conclusione che superati i dieci giorni di isolamento totale la mente inizia a cedere. Dall’undicesimo giorno compaiono stressnervosismo, ansia maggiore. Avendo avuto in molti casi reclusioni molto più prolungate, è facile immaginare come gli effetti siano potuti essere ancor più difficili da gestire per la maggior parte della popolazione.

La paura ossessiva di contaminazione

Entrando invece più nello specifico della clinica, una delle conseguenze psicologiche più evidenti del COVID-19 è tuttora per molte persone la paura di essere infettati o di poter infettare gli altri senza saperlo.

E’ importante sottolineare che, quando una situazione di epidemia o pandemia si espande, la mente umana tende a sviluppare delle paure irrazionali. Spesso non basta che prestiamo ascolto alle fonti informative affidabili, né che siamo a conoscenza delle misure di sicurezza semplici e necessarie. Ad esempio, lavarsi le mani, mantenere il metro di distanza, rimanere a casa se si ha qualche linea di febbre o sintomi specifici.

Pian piano è possibile aver sviluppato paure sempre più infondate, come il timore irrazionale che l’infezione possa provenire dagli alimenti che mangiamo, oppure che possa essere trasmessa dai nostri animali domestici. Ciò può aver scatenato veri e propri sintomi ossessivo-compulsivi.

I sintomi depressivi

In un contesto in cui l’interazione sociale è stata ridotta al limite per settimane o per mesi, dove regnava il silenzio nelle strade normalmente rumorose e affollate e siamo stati costretti a stare chiusi in casa, è ovvio come noia e frustrazione siano stati ben presenti nelle nostre giornate.

L’incapacità di mantenere il nostro stile di vita e la nostra libertà di movimento (sia fisica che mentale) ha fatto precipitare molte persone verso un baratro di emozioni complesse e problematiche. In certi casi questo può aver scatenato o acutizzato  dei veri e propri sintomi di tipo depressivo.

Altri sintomi psicopatologici

Ancora, nel contesto di pandemia in cui ci siamo trovati catapultati (la maggior parte di noi per la prima volta nel corso della propria vita) la mente tende ad agire seguendo pochi impulsi naturali. Una delle conseguenze di ciò, per alcuni è stato l’acquisto o shopping compulsivo. In uno scenario incerto come quello delle prime settimane di emergenza, il nostro cervello si era concentrato sulla priorità di non rimanere senza i beni fondamentali per la sopravvivenza.

Anche in questo caso, non importava che i nostri supermercati fossero sempre ben riforniti e che le autorità si raccomandassero di non fare razzie nei negozi o che le farmacie risultassero sempre ben rifornite. La mente di molti di noi ci ha portato a credere che determinati beni potessero finire e ci ha quindi spinto a fare scorte esagerate e immotivate.

Tra le conseguenze psicologiche più importanti di questo periodo c’è anche la perdita di fiducia nei confronti delle fonti ufficiali di informazione. Per molte persone, nel momento massimo di crisi, la mente si è disconnessa e ha perso fiducia. Anche aiutata dal fatto che, essendo il COVID-19 un virus del tutto sconosciuto, come lo era la SARS ai suoi tempi, le autorità hanno risposto sulla base dei progressi e degli eventi registrati giorno per giorno.

Il rischio maggiore per le persone psicologicamente vulnerabili

Come dicevamo all’inizio, e forse è questa la conseguenza che dobbiamo tenere più presente. La popolazione più vulnerabile è composta da quelle persone che già prima della comparsa del virus presentavano quadri più o meno importanti di depressionefobieansia generalizzatadisturbi ossessivo-compulsivi.

Il periodo di isolamento, il bombardamento mediatico e le continue restrizioni alla vita normale a cui erano abituati, possono senza dubbi aver aggravato le loro condizioni di salute psicologica. Possono inoltre aver avuto diversi tipi di effetti collaterali, per loro e anche per i loro familiari, conviventi e conoscenti.

Alla luce di ciò, è di vitale importanza che anche adesso che i contagi sono sotto controllo e tendiamo ad abbassare la guardia, si sentano supportate e che non trascorrano troppo tempo isolate con i propri disagi.

Conclusione

Per concludere, c’è un fattore evidentemente che accomuna tutti noi in questo periodo di post pandemia. E’ un fattore pericoloso, che può impattare negativamente sulla salute mentale di noi tutti e in particolar modo su quella di chi già precedentemente soffriva di qualche disagio o disturbo psicologico.

Ovvero il cosiddetto pensiero catastrofico.

Si tratta della tendenza ad anticipare sempre il peggio, quella vocina che ci sussurra che perderemo il lavoro, che le cose non torneranno come prima, che finiremo in ospedale, che qualche persona a noi cara non ce la farà, che l’economia crollerà, che non ci saranno vie di uscita alla situazione, ecc.

Ovviamente, anziché aiutare, questi pensieri non fanno altro che complicare la realtà che stiamo vivendo. La rendono più faticosa e sicuramente meno piacevole o rassicurante.

Pur continuando quindi ad attenerci alle regole imposte dalle autorità in merito alla prevenzione del virus, non dimentichiamo di prenderci cura anche della nostra salute psicologica. Cerchiamo di confrontarci con specialisti che possano aiutarci ad affrontare meglio gli effetti negativi di un periodo difficile per tutti.

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Informazioni Generali News

Guerrieri Moderni

Guerriero

Con il termine “guerriero”, si è soliti definire qualcuno la cui vita è dedicata integralmente alla guerra. Persone di solito al centro della vita sociale, politica ed economica della propria civiltà. Uomini vincolati a regole rigide e ad un’etica che guidava le loro azioni, decretando quale doveva essere il loro contributo al mondo.

Fortunatamente per noi, il periodo storico e la zona geografica ci tengono al sicuro da conflitti e guerre. In questa società moderna, però, sembra si dia tanto spazio alla mediocrità, a chi è povero di valori e con furbizia truffa il prossimo.

Abbiamo esempi quotidiani anche nel campo che ci appassiona, quello delle arti marziali. Qui, dove vediamo carriere lampo a discapito di una seria preparazione. Ed è sempre qui, dove la parola “guerriero” viene spesso usata con troppa facilità senza darne il giusto peso. Senza conoscerne il vero significato.

Nessun insegnamento da parte mia, solo un pensiero condiviso. Mi sono quindi domandato quali sono le regole morali per diventare o almeno provare ad essere un guerriero moderno.

Uno spunto interessante è arrivato dal mio Maestro. Mi ha consigliato di leggere l’Hagakure.

Hagakure in giapponese significa “all'ombra delle foglie”.

Il libro è stato pubblicato nel 1906, ma la sua composizione risale a ben due secoli prima. L’opera tramanda l’antica saggezza dei Samurai sotto forma di brevi aforismi dai quali emerge lo spirito del Bushidò.

L’autore, Yamamoto Tsunetomo, era al servizio del Daimyo Nabeshima Mitsushige (1633/1700). Alla morte del Daimyo Yamamoto, divenne monaco buddista. Scelse di ritirarsi in convento e, in sette anni, compose l’Hagakure con l’aiuto del suo allievo Tashiro Tsuramoto.L’opera è una raccolta dei principi morali ma anche di consigli pratici e norme comportamentali. Ecco alcuni esempi:

“Nel coltivare sé stessi non esiste la parola fine.”

Come dice il motto “quando l’acqua sale la barca si alza”

“Nel mondo quelli che sono disposti a impartire un insegnamento sono molti, quelli che lo ricevono con piacere sono pochi, ancora meno quelli che adottano l’insegnamento ricevuto.”

Se ti imbatti in gravi difficoltà o in situazioni incresciose, non è sufficiente dire a te stesso che non ne sei turbato.

“L’avidità, la rabbia e la stupidità vanno sempre insieme.

Se guardiamo ciò che c’è di buono, ci accorgeremo che non manca saggezza, umiltà e coraggio”.

 “Chi si ritiene completo, in realtà, ha voltato le spalle alla Via”

Se ti imbatti in situazioni incresciose, devi spingerti ancora più avanti con audacia e rallegrartene, quasi dovessi superare una barriera.

Quando nel mondo accade qualcosa di male, se osserviamo con attenzione, vedremo che è in relazione con queste tre cose.

Questi sono solo alcuni esempi tratti dal libro.

Leggendo con attenzione ho ricordato cosa significhi avere valori così importanti a cui dedicare una vita di sacrifici. Il vero peso di parole come Onore, Umiltà e Rispetto.  La possibilità di migliorarmi, anche con piccoli gesti o attenzioni verso chi mi sta vicino senza gesta sensazionali.

Sui social, ho letto:

“Un uomo è buono come la sua parola, perché i suoi valori i suoi sogni e il suo cuore risiedono nella sua parola.

Kancho, Antonio la Salandra

E se la parola non segue i fatti, non è un uomo”

Cerchiamo di essere Uomini.

OSU

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News So Sento Ryu

Il Ju JItsu del Futuro.

Il Ju-jitsu sta’ vivendo di recente in Italia un “ritorno di fiamma” quanto a interesse e impegno sportivo.

 E’ noto che quest’arte “gentile”, da alcuni fatta risalire storicamente alle antiche pratiche di autodifesa dei Monaci Buddhisti ed ovviamente disciplina dei Samurai sia oggi disciplina di sostegno a numerosi altri stili come quello dell’MMA quanto a soluzioni tecniche ed efficienza di combattimento a terra.

la Nascita del So Sento Ryu Rapid si deve agli studi tecnici-scientifici del Dott. Antonio la Salandra, definito KANCHO, per rendere ancora più completo ed innovativo lo stile del Ju Jitsu, che nasce come disciplina di self-defence, attuando uno studio delle potenzialità delle tecniche di combattimento miste, con e senza strumenti offensivi propri. Questo approfondimento amplierebbe gli aspetti teorico-pratici delle tecniche di Percussione, equilibrio, controllo e lotta a terra di questa disciplina.

Il So Sento Ryu Rapid tramite l’utilizzo della tecnica applicata alla cultura scientifica e del dominio del proprio corpo, fa si che vengano padroneggiati i vari aspetti del combattimento, testimoniando la propria natura efficace quale antidoto alla sproporzione naturale fra attacco e difesa fra avversari diversi per mole fisica.

Sostituendo alla sola importanza delle proporzioni fisiche l’aspetto fondamentale della forza meccanica del corpo, gestita e sprigionata tramite il gesto atletico con adeguata strategia e tecnica di combattimento, Il So Sento Ryu RAPID è oggi riconosciuto non solo esempio di arte marziale neo classica, ma viene percepito anche come modello di vita sano e assertivo da insegnare ai giovani come da migliore delle tradizioni del Bushido.

La disciplina oggi, è molto praticata, ed è insegnata oltre che alla gente comune dagli specialisti di corpi militari e/o polizia, per esempio le Guardie Svizzere Pontificie ed al mondo cinematografico Internazionale per la sua spettacolarità ed efficacia.

 L’applicazione del So Sento Ryu RAPID come disciplina di base per l’addestramento degli operatori law- enforcement, inoltre, ha mostrato l’analogia fra i principi di teoria del conflitto e quelli di gestione del combattimento sportivo.  La testimonianza di questi punti di contaminazione è continuamente messa alla prova dalla consueta vicinanza tra mondo marziale vero e proprio e disciplina sportiva/marziale. Infatti il So Sento Ryu RAPID, può essere ritenuto un modello di allenamento fisico completo, che trova quartiere nel combattimento reale dove l’avversario genera l’interazione con un altro essere vivente che sviluppa il controllo ed il dominio di sé in relazione alla competizione propria ed alla situazione.

 E’ da questa sorta di solitudine umana, condivisa con l’avversario, che i “registri emotivo-cognitivi” (esistenziali) dei praticanti che irrompono nella pratica marziale coinvolgendo allenamento fisico e mentale.

Inutile rimarcare l’efficacia “costruttiva” del carattere dell’individuo che pratica questa disciplina. Tante le testimonianze riportate su questo sistema da professionisti militari o del mondo dell’“action”, che ha più volte raccontato lo stretto legame tra la fatica sportiva ed i sacrifici dell’impegno professionale.

Per quanto riguarda l’ impegno,  e l’avvicinamento consolidato tra Il Jiu Jitsu della famiglia Machado e il mondo del karate a contatto pieno, sembra essere un momento di scoperta e prosecuzione sulla via della perfezione della disciplina. Anche se è noto a tutti il profilo storico di nascita ed esportazione del Ju JItsu, con Il So Sento Ryu RAPID si è generato un nuovo interesse di tipo evoluzionista.

Se infatti la distanza fra i padri fondatori era dovuta all’innovazione del secondo che vedeva il combattimento tradizionale scomponibile in fasi distinte, come la fase di scambio di colpi, quella lottatoria, quella al suolo, ecc. oggi la tendenza è quella di riappropriarsi di una visione “olistica” globale o di flusso del confronto con l’avversario.

Sebbene l’obiettivo del combattente intelligente, secondo il Fondatore Kancho Antonio la Salandra, è quello di mantenere il combattimento nella fase per cui si adattano meglio le proprie capacità, è anche vero che una gara, così come un vero conflitto, non è mai una realtà statica eccessivamente scomponibile. Evitando di ricordare capisaldi di letteratura strategico militare come quella di Sun Tzu o del maestro Sun Pin, anche Miyamoto Musashi sosteneva che “quando fissiamo la mente in un punto, la confondiamo perdendo la via”, quindi sebbene sia necessario affrontare un conflitto sempre al meglio delle nostre possibilità, è necessario anche l’adattamento continuo ad ogni novità tattica o a qualsiasi elemento “imponderabile” del confronto con l’avversario. E’ l’uomo che abbiamo davanti l’ostacolo alla nostra realizzazione di vittoria o di sopravvivenza. In tutto ciò, nessuna impronta filosofica di tipo orientale del “conosci te stesso” viene dimenticata o esclusa. La realizzazione individuale passa per il confronto con l’altro così come per le fasi acicliche e situazionali del combattimento.

In definitiva la Nuova Frontiera del Ju JItsu sarà la sperimentazione del combattimento reale con la metodologia biomeccanica delle frequenze di risposta che il cervello, (nella sua complessità neurofisiologica – METODOLOGIA RAPID), è in grado di fornire durante il combattimento proprio a causa della variabilità prodotta dalle situazioni conflittuali.

Il fondatore del SO SENTO RYU RAPID, IL Dott. Antonio la Salandra, è chiaro sotto questo punto: 

<<Il combattimento si consuma in brevissimo tempo, con un urto di forze eccezionale ed è violentissimo. La possibilità di adattarsi mentalmente all’imprevisto, di adattare la propria tecnica di combattimento e di fluire nell’imprevisto con la normalità del quotidiano, tanto che “ sia il vostro corpo ordinario simile a quello per le arti marziali e viceversa”, è di fatto la frontiera da raggiungere, ed è un “parametro di frequenza” atletica sul quale il fighter si deve sintonizzare, abbassando gradualmente i tempi di reazione fisica e liberando la mente alla ricerca della vittoria sportiva o della sopravvivenza.

La preparazione psico-fisica, con accenno tecnico, basata sullo sviluppo delle “PROPRIE” capacità, può essere svolta anche in casi di necessità come routine di allenamento personale in solitaria.

Quella che era solo una visione dell’ampliamento e dell’applicazione di queste sperimentazioni ormai è consolidata e supportata per l’espansione in diversi paesi del globo, facendo nascere così una realtà di allenamento e forse anche competitiva all’altezza della tradizione. Rispetto ai consueti fenomeni di moda o di ridefinizione di ruoli che tanto affannano le discipline marziali, questa sarà una dimensione evolutiva in grado di consolidare le origini e la cultura marziale che il leggendario Musashi riassumeva ai suoi allievi con poche ed indelebili regole: “… studia tutte le arti, conosci anche gli altri mestieri, distingui l’utile dall’inutile, riconosci il vero dal falso e percepisci anche quello che non vedi con gli occhi…”

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Perché iniziare a praticare le Arti Marziali?

Alcuni Dati…

Comunemente i nostri giovanissimi si avvicinano al mondo dello sport iniziando a praticare le discipline più comuni ed affermate a livello culturale:

  • Il Calcio (23,2% dei bambini/e con fascia d’età compresa tra i 3-10 anni in tutta Italia, con un aumento al 34,9% dei bambini/e con fascia d’età compresa tra i 11-19 anni in tutta Italia)
  • Il Nuoto (43,9% dei bambini/e con fascia d’età compresa tra i 3-10 anni in tutta Italia, con una diminuzione al 20,7% dei bambini/e con fascia d’età compresa tra i 11-19 anni in tutta Italia) stando all’ultimo studio redatto dal nostro istituto di statistica nazionale.

Perchè scegliere le arti marziali?

È ora di cambiare rotta e iniziare a scegliere qualcosa di più singolare ed originale: le Arti Marziali. Bisogna allontanarsi dai pregiudizi che associano “aggressività” e “violenza” a questo ramo sportivo; al contrario queste discipline garantiscono uno sviluppo armonioso del corpo e della mente, educando, inoltre, i nostri piccoli al rispetto verso il prossimo.

Vi sono studi che comprovano l’effettiva capacità di questi sport di sviluppare fattori dal punto di vista fisico, come forza muscolare, elasticità e coordinazione, oltre che avere impatti positivi anche sotto l’aspetto psicologico, insegnando a superare le difficoltà e ad impegnarsi per raggiungere un determinato obiettivo.

Conclusioni

Il nostro obiettivo è diffondere questo messaggio per trasformare e innovare il significato associato alle Arti marziali informando e trasmettendo il giusto valore a questa disciplina.

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